Un ipotetico parallelismo che può essere folle (e che probabilmente lo è) ma che voglio portarti a “vedere”. Ti chiedo pertanto un piccolo sforzo per immergerti senza pregiudizio nella cosa.
Chiudi gli occhi.
Immagina di essere il Direttore di uno dei 12 più importanti musei d’Europa. Brand forti per intenderci, appetibili al mercato di massa.
Hai la possibilità di ricevere immediatamente una fee pari a 6 annualità di ticket d’ingresso (con i quali in passato riuscivi a mantenere in piedi la struttura e che ogni anno valgono il 20% del fatturato), risolvere tutti i problemi economici scaturiti dalla pandemia e avere fieno in cascina per rilanciare la tua istituzione.
In cambio di questo però devi:
- cambiare completamente il modello di business;
- minare quasi 160 anni di storia museale;
- tradire gli ideali dei tuoi attuali visitatori;
- mollare i partner con i quali collabori (politica e tour operator);
- boicottare eventuali relazioni con altri musei con status poco elevati.
Lo faresti?
Questo è quello che sta accadendo nel mondo del calcio europeo in queste ultime ore.
Grandi vs piccoli
Provo a spiegarla, semplificando ma non troppo.
Le 12 società di calcio più blasonate d’Europa, quelle con la storia più importante, hanno deciso di creare una Superlega parallela, solo tra di loro e poche altre (fino a 20 squadre).
Per fare questo hanno deciso di voltare le spalle a 160 anni di storia dello sport, fregarsene altamente dei “pochi” milioni di tifosi europei pur di raggiungere quelli asiatici, americani e minare il futuro di tutte le società più piccole che sopravvivono grazie soprattutto ai diritti tv generati dal blasone delle 12.
I membri della Superlega, con un bacino potenziale di un miliardo di tifosi, dicono che se lo meritano. Effettivamente in loro possesso ci sono i più forti giocatori del globo, i “capolavori” dell’arte calcistica e sostengono che in questo modo tutti potranno avere soldi da spendere.
Dall’altra, i club rimasti fuori e la maggior parte (quasi totalità al momento) dei tifosi si stanno rivoltando, convinti che il calcio sia di tutti e certi che la passione per una cosa basti per tenere in piedi il sistema attuale.
Dove stiamo andando
Il paragone che ti ho fatto è molto tirato e riguarda tematiche che hanno ben poco in comune (ho detto poco, non nulla).
Tuttavia devi essere preparato e consapevole al fatto che le riflessioni che vengono fatte ai piani alti possano portare da un momento all’altro ad un cambiamento delle dinamiche pre-pandemia.
Le domande che dovresti iniziare a porti:
- si andrà a costruire un sistema sostenibile insieme tra grandi e piccoli? Oppure i primi diventeranno più aggressivi, aumenteranno gli investimenti per prendersi quel poco mercato turistico che sarà a disposizione e taglieranno completamente fuori le istituzioni meno conosciute causandone la chiusura definitiva?
- ci sarà una migliore gestione delle risorse per favorire la crescita (marketing, didattica, digital transformation, formazione) con analisi dei costi/benefici? Oppure chi riuscirà a prendersi i soldi dei contributi costruirà cattedrali nel deserto e parco giochi museali senza senso logico e futuro?
- si andrà a dialogare maggiormente con i propri visitatori per capire cosa effettivamente vogliono/preferiscono? Oppure, dall’alto del proprio sapere, i teorici continueranno a predicare lo stesso mantra: “abbiamo sempre fatto così. Perché cambiare”?
Non lo so che cosa accadrà. L’unica cosa che posso dirti è che il prossimo 13-14-15 maggio, al Summit del Museo Italiano, proveremo a costruire un nuovo mondo museale, indipendente dalle dinamiche fino ad oggi conosciute.
E vorrei averti a bordo:
Il mondo non aspetta.
PS il progetto del calcio si è sfaldato poche ore dopo la nascita per “volere popolare”. Durerà questa pausa?